RIVISTA ATRIUM, Studi metafisici e umanistici (Anno XIII, n.2)
 
Una pittrice e la Dea Madre
(contributo di Francesco Di Marino)
 
Nell’editoriale del numero di questa Rivista uscito in occasione del Solstizio d’Inverno, Alberto Cesare Ambesi annunciava la creazione della rubrica “La Voce di Ariele”. In essa, annunciava il nostro Direttore Editoriale, tenteremo di “scoprire, o ritrovare, antichi/nuovi orizzonti” attraverso “la costante segnalazione di quelle espressioni culturali, ovunque coltivate, che risultino in consonanza con il nostro lavoro umanistico e metafisico”. Un lavoro che investe le radici del simbolismo artistico e letterario, quale componente dell’autentico esoterismo occidentale. (....omissis......)
Perciò il richiamo di Ambesi al simbolismo artistico e letterario (omissis……….)  risulta (.....omissis……..) opportuno invito a ricercare le espressioni artistiche che, consciamente o inconsciamente, adempiono questa funzione “ovunque esse si trovino”: quindi, anche in quegli artisti che non hanno ancora raggiunto la consacrazione ufficiale della critica (oppure, ahimé) dei galleristi.
Da queste considerazioni deriva la segnalazione di una giovane pittrice romana che, nelle opere più mature, attinge alla raffigurazione visibile dell’invisibile, o dell’ineffabile: operazione che presuppone una necessaria elaborazione dell’immagine in chiave simbolica.
Di Cinzia Rizzotti, cresciuta in un ambiente familiare tra pittura e musica, perfezionatasi a Parigi in un corso di tecnica del pastello presso l’Académie du Pastel con l’insegnante Sylvie Moraines, va segnalata anzitutto l’opera “Terra Madre” (Celeste Prize International nel 2009), di cui l’Autrice afferma “Il corpo di una donna è vita e mistero. In natura è come la terra, di cui simboleggia le ombre, le luci, le cavità misteriose, le curve, le sinuosità”: l’equazione donna-terra-madre riporta alle più remote concezioni dell’umanità, all’idea della Dea-Madre-Terra di cui la donna è manifestazione visibile e, perciò, simbolica. Ma è opportuno soffermarsi anche sull’opera “Oltre”, immediatamente percepibile come tensione verso ciò che sta al di fuori dei limiti dell’uomo, nonché su “L’amore e altri fantasmi”, anche tecnicamente, oltre che contenutisticamente, di grande rilevanza per un effetto”bassorilievo” che riporta a certe opere di Klimt.
Ecco, l’affermazione di Susanne Langer “un’opera d’arte è sempre un simbolo primo” trova la sua concreta realizzazione in questi “simboli primi” di una percezione che, specie nella prima opera considerata, riporta alla Tradizione, alla philosophia perennis: ecco dunque l’invito di Ambesi a ricercare il simbolismo, “dovunque si trovi”, accolto nell’esame in chiave simbolica di questa giovane e valente pittrice.